Città murate del Veneto sono tra le città più antiche del Veneto che mantengono ancora una cinta muraria.
Introduzione
modificaUn itinerario alla scoperta delle roccaforti e delle fortificazioni, che hanno scritto pagine importanti nella storia del Veneto.
Come arrivare
modificaTappe
modificaIn provincia di Belluno
modifica- 1 Feltre — Il complesso di Castel Lusa sorge in posizione strategica: all'imbocco della valle di San Martino, è protetto a est e a sud dagli strapiombi scavati dai torrenti Stien e Arnaut, suo affluente. Le origini del complesso vengono fatte risalire all'VIII-X secolo: dopo la caduta del Regno Longobardo alcune famiglie locali avevano eretto diverse costruzioni tra Feltre e Belluno, con lo scopo di controllare le principali vie di comunicazione e i corsi d'acqua. Il primo riferimento certo è del 982, quando il vescovo di Belluno Giovanni lo pose sotto il suo controllo. Si sa inoltre che nel 1117 e nel 1348 il castello fu gravemente danneggiato da due terremoti, ma venne sempre ricostruito. Ancora ai primi del Quattrocento, Castel Lusa presentava una struttura prettamente militare, ma dal 1421 il governo della Serenissima, che controllava il Feltrino sin dal 1404, ordinava la demolizione delle fortezze o la loro conversione a residenze. In quest'occasione fu ridotto il perimetro delle mura, demolito il mastio (le cui fondazioni affiorano tutt'oggi al centro del cortile interno) e colmati i valli. Il bastione di sudovest fu arricchito di una colombaia, mentre alla costruzione orientale fu aggiunto un volume dotato di loggiato - si ritiene - ligneo al piano superiore. È della prima metà del Cinquecento l'intervento più significativo, commissionato dal bassanese Donato Villalta. Riguardò principalmente il già citato corpo orientale, il quale fu dotato di un loggiato in pietra ispirato al palazzo che lo stesso nobile possedeva a Cart e alla villa Tonello di Arten.
- 2 Pieve di Cadore — Il castello di Pieve è il primo luogo fortificato di cui si ha notizia in Cadore e sorgeva su un'altura posta alla confluenza del Boite nel Piave. Sembra che il sito fosse frequentato sin dall'antichità come sede di un luogo sacro pagano. Da sempre sede della Magnifica Comunità Cadorina, dopo la dedizione alla Serenissima fu residenza del capitano del reggimento del Cadore. Fu particolarmente coinvolto negli eventi e antefatti della guerra della Lega di Cambrai: occupato nell'inverno del 1508 da una colonna imperiale comandata dal tirolese Sisto Von Trautson, fu riconquistato dai Veneziani e dai Cadorini, guidati da Bartolomeo d'Alviano, dopo la Battaglia di Rusecco del 2 marzo 1508 (nota anche come Battaglia di Cadore). Resistette per altri due anni a ripetuti assedi e, conquistato nei primi giorni di dicembre del 1511[2] dal maresciallo Regendorf agli ordini dell'imperatore Massimiliano d'Asburgo, ritornò quasi subito sotto il controllo dei Veneziani. Durante l'occupazione gli imperiali saccheggiarono e incendiarono i paesi vicini e requisirono gli Statuti cadorini. La Battaglia di Cadore fu rappresentata dal Tiziano nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, ma l'affresco andò distrutto nell'incendio del 1577. Cessate le sue funzioni militari, specie dopo la caduta di Venezia, il castello cadde in rovina. Sui suoi resti fu costruita la batteria Castello, fortilizio risalente alla fine dell'Ottocento e mai utilizzato.
In provincia di Padova
modifica- 3 Camposampiero — Nel medioevo Camposampiero, situata in posizione strategica verso Padova e Bassano, era dotata di una rocca fortificata, circondata da un castello protetto da torri e da fossati. Le difese furono consolidate agli inizi del Duecento. Ai primi del '400 Camposampiero passò sotto Venezia, mantenendo però le funzioni militari. Agli inizi del Cinquecento la città venne assalita e distrutta, ma la struttura muraria resistette agli assalti. Per il castello iniziò il declino, fino alla distruzione quasi completa nel ‘700. Le mura resistettero alla rovina nel Seicento e nel Settecento. La metà dell'Ottocento vide la demolizione dell’ultimo tratto di mura.
- 4 Cittadella — La cerchia murata che circonda Cittadella (1220 d.C.) ha forma di ellisse irregolare e con l'abitato costituisce un complesso organico del più alto interesse storico, non solo per gli studi sui castelli ma anche per quelli di urbanistica. Lo spazio interno che le mura delimitano è ordinato da due traverse che raccordano le quattro porte con il centro, dividendo l'abitato in quartieri, a loro volta suddivisi a scacchiera dalle caratteristiche stradelle. La cortina murata comunica con l'esterno attraverso quattro ponti in corrispondenza delle porte (a loro volta costruite sui quattro punti cardinali), rivolte verso le vicine città di Padova, Vicenza, Bassano del Grappa e Treviso. I ponti levatoi, mantenuti in servizio fino al secolo XVI, gradualmente vennero sostituiti con altri in muratura. Gli attuali risalgono alla prima metà del secolo scorso.
- 5 Este — La principale attrattiva cittadina è il Castello Carrarese, costruito attorno al 1339 sulle ceneri di quello estense; in cima al colle si trova il mastio, da cui partono le mura, fino a formare un poligono contornato a intervalli regolari da torri e dal restaurato castelletto del Soccorso. La Rocca di Ponte di Torre è ciò che rimane dei forti staccati che, oltre al castello e alle mura turrite, difendevano Este già dai tempi precedenti all'epoca carrarese. Strutturalmente, è composta di una cinta di mura e di una torre quadrata, alta 24 metri.
- 6 Monselice — La felice posizione di centro al punto di intersezione tra importanti arterie stradali e vie d'acqua favorì un insediamento abbastanza precoce. La nascita di Monselice come nucleo cittadino risale al V-VI secolo ed è dovuta ad una prima fortificazione del colle della Rocca da parte dei bizantini, fortificazione che si rivela importante sul piano della strategia difensiva. Le strutture esistenti vengono ulteriormente potenziate dopo l'invasione dei franchi, e si compongono, attorno all'anno mille, di un tessuto abitato discontinuo sulle pendici della Rocca e di un nucleo difensivo a guardia del ponte sull'antico fiume Vigenzone, che passava ai piedi della collina.
- 7 Montagnana — Le mura attuali, che costituiscono uno degli esempi più insigni e meglio conservati di architettura militare medioevale in Europa, salvo il complesso di Castel San Zeno e i tratti di cinta ad oriente ed occidente che sono più antichi, risalgono alla metà del Trecento, quando i Carraresi, signori di Padova, vollero ampliare e rafforzare quello che era un essenziale luogo forte di frontiera dello stato padovano contro la Verona degli Scaligeri, che dominava la vicina Legnago. Lo spazio urbano intra moenia fu in quell'occasione ampliato, e la nuova cinta fu costruita con strati sovrapposti di mattoni e di pietre. La città fortificata è racchiusa in un quadrilatero irregolare delle dimensioni di circa metri 600 x 300 con un'area di 24 ettari e un perimetro di circa due chilometri. Le mura, coronate da merli di tipo guelfo, sono alte dai 6,5 agli 8 metri, con uno spessore di 96-100 centimetri. Tra un merlo e l'altro, delle ventole in legno servivano a riparare i difensori. Le torri perimetrali, in totale 24, distanziate di circa 60 metri, sono alte fra i 17 ed i 19 metri. Il vallo esterno varia dai 30 ai 40 metri. All'interno dei fornici che reggono il cammino di ronda erano allogati i magazzini per la custodia dei beni prodotti nelle campagne. Nelle torri, a più piani e coperte da un tetto spiovente defilato sotto la piazzola munita di macchina da lancio, stavano altri magazzini e gli alloggiamenti per i militi posti a guarnigione della fortezza nei momenti di emergenza bellica. Una zona priva di costruzioni e adibita a pomerio coltivato per fronteggiare lunghi assedi, stava tutto attorno alle mura dalla parte interna.
- 8 Padova — La città dal periodo medievale in poi ha avuto tre cerchie di mura che fortificavano la città succedutesi nel tempo. La prima cerchia, costruita tra il 1195 e il 1210, è quella delle mura cosiddette "comunali" perché eretta durante il periodo del libero comune padovano. Essa cingeva la parte più centrale della città, la cosiddetta "insula" poiché interamente circondata da canali (oggi in parte scomparsi). Di questa cerchia restano tre porte: due di esse ancora oggi transitabili (porta Molino, porta Altinate, porta della Cittadella Vecchia) mentre una terza fu inglobata nel Trecento nelle strutture del Castelvecchio. Inoltre rimangono numerosi tratti della cinta muraria lungo l'antico percorso, spesso inglobati tra costruzioni moderne. Nel corso del Trecento, con l'espandersi delle aree urbanizzate furono realizzate, in vari momenti, le mura cosiddette "carraresi" perché costruite in gran parte durante la signoria dei Da Carrara. Di queste mura restano pochissimi resti visibili in alzato, e sono perlopiù inglobate in altre costruzioni e fortificazioni rinascimentali. Queste mura di stampo ancora medievale resistettero, con opportuni adattamenti, all'assedio che Padova subì nel 1509 ad opera delle truppe della lega di Cambrai. In seguito a questo assedio la Serenissima decise di dotare la città di una nuova cerchia di mura adatta a resistere all'introduzione dell'artiglieria nelle tecniche di guerra. I lavori iniziarono nel 1513 per andare avanti circa fino alla metà del XVI secolo. Questa cerchia è ancora esistente quasi per intero seppur in diversi stati di conservazione a seconda dei vari tratti. Il suo perimetro è di circa 11 chilometri, con 20 bastioni e 6 porte (sulle 8 originarie). Queste mura sono solitamente denominate "veneziane" o "rinascimentali".
In provincia di Treviso
modifica- 9 Asolo — Amministrata nel basso Medioevo dal vescovo di Treviso, Asolo consolidò la sua importanza strategica con la costruzione dell'imponente rocca (XII secolo). Il fortilizio, conquistato nel 1239 da Ezzelino da Romano, tornò, alla sua morte, al comune di Treviso che vi insediò un capitano, rafforzò la guarnigione già presente e concesse alla città una certa autonomia. Dopo gli Scaligeri, Asolo passò alla Serenissima, che la eresse a sede di podesteria. Dopo la parentesi dei Carraresi, venne confermato il dominio veneziano. In questo periodo furono rafforzate e completate le mura e ristrutturata la loggia.
- 10 Castelfranco Veneto — L'insediamento murario di Castelfranco fu fondato tra il 1195 ed il 1199 quando il Comune di Treviso, da poco formatosi, sentì la necessità di presidiare il confine con le rivali Padova e Vicenza, in un'area dove il fiume Muson rappresentava l'unica effimera demarcazione naturale. Il luogo prescelto era posto in una posizione strategica: un terrapieno preesistente sulla sponda orientale del corso d'acqua, prossimo alla confluenza tra le vie Postumia e Aurelia e in posizione centrale tra i fortilizi signorili di Castello di Godego e Treville e vescovili di Salvatronda, Riese e Resana. I lavori furono diretti dal conte Schenella di Collalto, che v'impiegò circa cinquecento maestri muratori e mille «guastatori» (manovali). In un decennio la costruzione poteva dirsi completa: attorno alle mura del castello fu scavato un fossato nel quale vennero deviate le acque di due immissari del Muson: l'Avenale ed il Musonello.
- 11 Conegliano Veneto — La zona, posta a metà strada tra la montagna e la pianura e punto di passaggio per raggiungere il Friuli, fu da sempre un sito strategico. Attorno al X secolo fu eretta una fortezza controllata dai vescovi di Belluno. Conegliano "nacque" però nel XII secolo, quando un gruppo di famiglie nobili si organizzò creando un governo di tipo comunale attorno alla bastia, con la conseguente formazione di un borgo. Il Castello di Conegliano rimase sempre il centro del potere, sia civile che religioso. Con il sanguinoso assalto del 1153, Conegliano fu però subito sottomessa al comune di Treviso che ne potenziò le difese, ricostruendo il castello, vista la posizione chiave verso il Friuli con i domini del Patriarcato di Aquileia. La cittadina seguì le sorti della Marca e passò agli Ezzelini e agli Scaligeri, che la munirono di nuove fortificazioni. Anche con la Repubblica di Venezia, a cui Treviso passò nel 1337, e la breve parentesi dei Carraresi (1384-1388) l'opera fu continuata e venne innalzata una cinta muraria che racchiudesse il borgo. I lavori di fortificazione e di ampliamento si protrassero anche nei secoli successivi, nonostante il rovinoso attacco degli Ungari del 1411. Nel Settecento il castello, già da tempo in rovina, fu in gran parte demolito per fornire materiale di recupero utile alle nuove costruzioni, tra cui il Palazzo Comunale.
- 12 Portobuffolé — L'antica Septimum de Liquentia (in riferimento alle sette miglia che la distanziavano da Oderzo) era un modesto villaggio rurale sorto nel III secolo a.C. Fondamentale è un documento del 997: è un contratto di affitto tra il vescovo di Ceneda Sicardo e il doge Pietro II Orseolo in cui si cita il castro et portu...in loco Septimo, provando l'esistenza di un luogo fortificato e di un porto fluviale. Conferma della sua importanza strategica, durante l'epoca feudale il castello passò sotto il controllo di numerose autorità, sia signorili che religiose. Forse all'inizio fu dei Carraresi, essendo poi del Patriarca di Aquileia. Nel 1166 il centro cadde nell'orbita del comune di Treviso, ma nel 1242 tornò sotto Ceneda. La bastia venne quindi distrutta dal trevigiano Gerardo de' Castelli, per poi essere ripresa e restaurata dai vescovi. Il 2 ottobre 1307 Portobuffolé è assegnato a Tolberto da Camino, marito della nota Gaia. Ma le dispute non cessarono: nel 1336 Samaritana Malatesta, seconda moglie di Tolberto, riuscì a riprendere il controllo del castello con l'appoggio dei Veneziani.
- 13 San Zenone degli Ezzelini — Dopo la caduta dell'Impero Romano, la zona mantenne il suo ruolo chiave dal punto di vista militare. In questo periodo il colle di San Zenone fu probabilmente fortificato, nell'ambito di un più vasto sistema difensivo realizzato dai Longobardi. Fu forse la presenza del castello a portare allo sviluppo di un insediamento con una chiesa.
- 14 Treviso — Il centro storico è ancora parzialmente racchiuso dalla cinta muraria costruita nel 1509 in vista della guerra della Repubblica di Venezia contro la lega di Cambrai. Oltre alla costruzione di imponenti mura bastionate e la deviazione di parte del fiume Botteniga, il progetto del frate Giovanni Giocondo, cui il Consiglio dei Dieci aveva affidato le opere di fortificazione, comportò anche l'abbattimento di diversi edifici, tra i quali parte dell'antico santuario di Santa Maria Maggiore. Alle tre porte monumentali di seguito citate si aggiunsero, nella seconda metà del XX secolo, numerosi varchi. Porta di San Tommaso, eretta nel 1518 dal podestà Paolo Nani su progetto, forse, di Guglielmo Bergamasco. Porta Santi Quaranta, garantiva l'accesso da Ovest, è intitolata ai Quaranta martiri di Sebaste. In periodo risorgimentale la porta assunse il nome di Porta Cavour. Porta Altinia, il nome della porta, che si rivolge a levante è legato alla città romana di Altino, dalla quale si poteva giungere attraverso l'attuale provinciale "Jesolana". Fu realizzata nel 1514 accanto a una precedente porta medievale di cui sussistono le volte. Il suo aspetto, con mattoni a vista e poche decorazioni in pietra, è decisamente più sobrio rispetto alle altre due porte. La parte superiore è sagomata a mo' di torrione con ampi finestroni sulle facciate interna ed esterna, mentre i fronti laterali presentano ancora i fori delle cannoniere.
In provincia di Venezia
modifica- 15 Mestre— A Mestre sorsero due fortezze distinte, meglio note come Castelvecchio e Castelnuovo, erette a difesa del borgo e del porto di Mestre e oggi scomparsi. Eretto nell'XI secolo dai Vescovi di Treviso, il castello si ergeva la dove si separavano i due rami del fiume Marzenego, ad occidente del borgo di San Lorenzo. La funzione della fortezza era di controllare la zona in cui sorgeva l'importante porto di Cavergnago, lo scalo fluviale che garantiva gli scambi tra Treviso e Venezia e tra questa e l'intera terraferma. L'esistenza del castello in questo periodo è testimoniata anche dalla bolla pontificia Justis fratrum del 1152 con cui papa Eugenio III riconosceva al vescovo Bonifacio la proprietà del castello, del porto e del borgo. Il castello venne conquistato da Ezzelino da Romano verso il 1245 che lo occupò sino al 1250. Nel 1257, infine, il vescovo Adalberto III Ricco venne costretto a cederne la signoria al fratello di Ezzelino, Alberico da Romano, podestà di Treviso. Il comune trevisano prese allora ad inviare un capitano per il governo della fortezza e del borgo. Nel 1274 il vecchio castello venne quasi completamente distrutto da un furioso incendio. Nel 1317 Cangrande della Scala incominciò a minacciare Treviso, che come contromisure rinforzò tra l'altro il castello di Mestre. Nel 1318 gli Scaligeri tentarono a più riprese di conquistare la piazzaforte, che però resistette contro ogni aspettativa. Nel 1323, però, il castello passò, assieme a Treviso, sotto il dominio veronese. Il Castelnuovo, cioè il nucleo primitivo dell'attuale città di Mestre, era caratterizzato dalla diramazione di tre grandi vie di terra: la strada Padovanao e la Castellana verso Trento e il Tirolo. Dopo la conquista veneziana del 1337, accresceva l'importanza della cittadina rispetto al vecchio porto di Cavergnago e al corso del Marzenego, spinsero a realizzare una nuova e più ampia fortezza. La Torre sopravvissuta, fotografata da quello che era l'interno del Castelnuovo, dopo essere stata liberata dall'edificio "Cel-Ana" (demolito nel 2009) operazione urbana che ha creato una "nuova" piazzetta antistante. Si intravede il varco murato della porta medievale. Visibile anche la scala esterna di accesso (2003), per molti motivo di discordia. Il nuovo complesso difensivo sorse più a est del Castelvecchio (che era sul sito del Castrum romano) e a nord del borgo, la dove già esistevano precedenti torri difensive, delle case-torri appartenenti alle famiglie signorili della zona. Il nuovo castello comprendeva in complesso undici torri, con tre porte, costituite appunto dalle preesistenti torri: la Porta Altino o dei Molini, ad est, la Porta Belfredo, ad ovest, e la Porta di Borgo o della Loggia, a sud. Queste porte erano anche dette torri daziarie, giacché qui si riscuotevano i dazi dovuti sui commerci. Al centro si ergeva il Mastio. Di fronte si trovava il Palazzo del Capitano, dove risiedeva il rettore veneziano, con titolo di Podestà e Capitano. Le torri principali erano poste all'estremità settentrionale; il tutto era circondato da un fossato, alimentato con le acque del Marzenego. Nel 1509 le forze veneziane in ritirata dopo la sconfitta nella battaglia di Agnadello, si asserragliarono nel castello di Mestre, che divenne l'estremo baluardo sulla terraferma. Nel 1513 il castello dovette nuovamente affrontare l'assalto nemico, questa volta da parte dei Francesi, che riuscirono a darlo alle fiamme, venendo però ugualmente respinti. Nel Settecento le mura del castello furono demolite: di esse restarono solo la Torre dell'Orologio (l'antica Porta di Borgo) e la gemella Torre Belfredo. Quest'ultima venne poi a sua volta abbattuta nel XIX secolo. I pochi resti del Castelnuovo attualmente visibili sono (dalla Torre Civica, in "senso orario" nella pianta del castello): lacerto di mura all'interno del cortile della "Cassa di Risparmio"; i giardini di Via Torre Belfredo ed anche un "torricino"; i segni sulla pavimentazione della demolita Torre Belfredo nell'omonima via; la "Torre angolare" di via Spalti; il disegno (nella pavimentazione stradale) del ponte prospiciente la "Torre Altinate" (la terza porta del Castello di Mestre, quella sulla strada per Altino, oggi "via Caneve") e le fondazioni di un torricino intermedio riscoperte ai primi anni 2000 e situate "proprio all'angolo" nell'odierno piazzale Parco Ponci.
- 16 Noale — La rocca si presume risalga al XII secolo e fu residenza dei Tempesta, Signori di Noale. Fu utilizzata per scopi militari fino al XV secolo poi divenne sede del podestà sino al definitivo abbandono del 1763. A partire da quello stesso anno molte parti dell'ormai cadente struttura vennero deliberatamente demolite per ricavarne materiali da costruzione "a beneficio della comunità". Alla rocca si affianca il castello, ovvero quell'area ancora cinta dai fossati medievali che con forma di quadrilatero irregolare sorge a cavallo della direttrice Camposampiero-Mestre, racchiudendo il centro storico di Noale. All'interno del perimetro (ma una vera e propria cinta muraria non è mai esistita), si elevano la chiesa arcipretale e antiche abitazioni decorate con affreschi nonché l'ampia piazza Castello, già piazza Calvi. Fanno parte del complesso due grandi porte d'ingresso munite di merlature a coda di rondine, cui si affiancano le torri note come Torre dell'Orologio e Torre delle Campane.
In provincia di Verona
modifica- 17 Bardolino — Tra il IX e il X secolo, per contrastare le numerose scorribande degli Ungheri, i principali abitati delle sponde del lago si dotarono di mura e castelli, Bardolino non fece eccezione. Poco sappiamo della prima fortificazione che qui venne innalzata, di cui le prime documentazioni sono del 1100, ma si ritiene che la sua costruzione fosse stata concessa ai bardolinesi dall'imperatore Berengario del Friuli; un simile permesso venne accordato a tutte le comunità del lago. In seguito il castello si ingrandì fino a costituire, con i Della Scala, un unico fortilizio per tutto il paese. Le spesse mura, circondate da un ampio fossato, richiudevano il centro del paese a cui si poteva accedere da sole due porte: una posta a nord-est in direzione Garda chiamata "San Giovanni" o "superiore", una a sud-est chiamata "Verona" o "inferiore". Nel 1193 Bardolino segue la sorte di tutte le ville dipendenti dalla Rocca di Garda, che vengono cedute con essa dall'imperatore Enrico VI al comune di Verona.
- 18 Castelnuovo del Garda — Dal rinvenimento di alcuni reperti archeologici si può dedurre che il territorio del comune fu abitato sin dall'epoca preistorica. Anticamente il sito era conosciuto come Beneventum; successivamente prese il nome di Quadrivium, a causa della sua posizione geografica (il paese è infatti situato fra le quattro città di Verona, Mantova, Brescia e Trento). Nel XII secolo Quadrivium venne rasa al suolo dal Barbarossa: la popolazione decise di costruire un nuovo insediamento fortificato, Castrum novum, trasformato nel corso del tempo in Castelnuovo. Passato nella sua storia sotto diversi domini, (dalla Signoria degli Scaligeri a quella dei Visconti, dalla Repubblica di Venezia all'Impero Austriaco) dal 1867 il Comune si chiamò Castelnuovo di Verona.
- 19 Cologna Veneta — La vetusta costruzione in mattoni della torre civica, quadrangolare, è situata al centro del complesso urbanistico. In origine era una delle dodici torri a due solai di legno della cerchia muraria che cingeva Cologna. Costruita nel 1555, venne portata a termine in due fasi successive: per tentare di risalire all'epoca della costruzione della prima parte è possibile notare uno stemma comunale sulla parte che guarda il Corso Guà, nella sua originale e primitiva composizione. In seguito venne collocata nella facciata che guarda Piazza Mazzini una sacra effigie della Madonna in legno. L'attuale orologio è in funzione dal 1914, mentre la campana originale trasportata dalla Serenissima venne sostituita nel 1590 a seguito di un danneggiamento da un campanone, detto di San Simon, che riporta una data: 1714.
- 20 Lazise — Il borgo lacustre di Lazise è munito di buona parte della cinta muraria, di cui è stata perduta solamente la parte più a nord della cortina orientale e la parte della cortina occidentale che, partendo dal castello, proseguiva lungo il lago fino al porto antico, concludendosi nella scomparsa torre del Cadenon, eliminata nel 1939 per far posto al monumento ai caduti, ma la cui figura è rimasta nella memoria della comunità lacisiense tanto da continuare ad esistere nella festa popolare nota come Palio della Cuccagna del Cadenon, che si svolge ogni anno proprio laddove si ergeva la torre medievale. La cortina meridionale e settentrionale della cinta muraria urbana sono invece interamente conservate e intervallate, insieme alla porzione rimanente della cortina orientale, da tredici torri scudate e da tre porte cittadine: porta Nuova (o Cansignorio) a settentrione, realizzata tra il 1375 ed il 1376 ma murata nel 1701 per proteggere il borgo da alcune milizie che stavano depredando il territorio circostante, quindi riaperta nel 1955; porta Superiore (o San Zeno) a oriente, probabilmente coeva all'impianto altomedievale, l'unica destinata alla popolazione e ai transiti, nella cui nicchia esterna era dipinta in origine una Madonna col Bambino, poi sostituita dall'Aquila Imperiale e infine dall'immagine di San Marco, protettore della Repubblica di Venezia; porta Lion per l'accesso da meridione, così chiamata in quanto recava lo stemma della Serenissima o forse perché utilizzata dalle milizie venete, un tempo dotata di un rivellino a sua difesa. Le porte erano tutte munite di saracinesca e ponte levatoio su fossato, questo completamente scomparso per lunghi tratti.
- 21 Legnago — In piazza della Libertà svetta il Torrione, unico esemplare rimasto delle mura che circondavano la cittadina. Esso viene altresì considerato il simbolo della città di Legnago proprio perché ricalca la storia architettonica e militare autoctone. Anticamente è stato usato con la funzione di prigione. Le mura cittadine (e quindi anche il Torrione) sono state costruite a partire dal 1525 durante il dominio della Serenissima, in seguito alla rovinosa guerra della Lega di Cambrai. La costruzione delle mura bastionate terminò solamente nel 1559 e, negli anni, vide il susseguirsi di architetti illustri quali sono Bartolomeo d'Alviano, Fra' Giocondo, Michele Leoni e Michele Sanmicheli. L'opera veneziana venne successivamente ammodernata dai francesi prima e dagli austriaci poi (si ricorda che Legnago faceva parte del cosiddetto Quadrilatero). Le mura perderanno il loro ruolo difensivo dopo l'annessione al Regno d'Italia e saranno demolite nel 1887 per quanto riguarda la parte destra dell'Adige e durante gli anni Venti nella parte sinistra del fiume per lasciare il posto all'espansione delle cittadine di Legnago e Porto. Il torrione è stato più volte restaurato subendo, nel corso degli anni, pesanti variazioni rispetto alla sua architettura originale.
- 22 Malcesine — La città è molto nota per il suo imponente castello, costruito probabilmente dai Longobardi intorno alla prima metà del primo millennio d.C. Il castello venne distrutto dai Franchi nel 590 e da essi ricostruito nell'806. Dal 1277 al 1387, il castello fu la residenza degli Scaligeri di Verona. Nel maggio del 1513 il condottiero Scipione Ugoni al servizio della Repubblica di Venezia ricevette il compito dal provveditore salodiano Daniele Dandolo di attaccare Malcesine, fedele agli imperiali tedeschi. Alla testa di 300 fanti, cui si unirono gli abitanti di Gargnano, attaccò via lago Malcesine e ne espugnò il castello uccidendo 18 terazzani e perdendo solamente 3 uomini; nell'azione catturò il castellano tedesco ed un ricco cittadino veronese, che furono condotti prigionieri a Salò assieme ad un notevole bottino. Il mastio si erge per ca. 70 m sul lago e la fortificazione è stata resa famosa anche dai disegni e dalle descrizioni fornite dallo scrittore tedesco Goethe nel suo "Viaggio in Italia" (1813 - 1817).
- 23 Pastrengo — A Pastrengo furono costruiti quattro forti tra il 1859 ed il 1861 su richiesta del generale Radetzky. Tutti i forti possedevano i servizi indispensabili ad un lungo impiego, e rimasero attivi fino al 1901: Forte Piovezzano (Degenfeld), Forte Monte Folaga (Benedeck), Forte Poggio Croce (Leopold), Forte Poggio Pol (Nugent).
- 24 Peschiera del Garda — Arilica, nome della cittadina durante il dominio romano, dovette sicuramente già essere fortificata, come sembrano dimostrare le fondazioni di due torrioni romani presso il ponte sul Mincio; d'altronde Arilica era base della flotta militare lacustre romana, e un centro così strategico doveva forzatamente essere protetto da possibili incursioni esterne. Agli inizi del XIII secolo venne nuovamente fortificata e quindi rafforzata durante il secolo successivo per opera degli Scaligeri e in special modo di Mastino II della Scala, a cui si deve la costruzione della Rocca e il completamento della cinta muraria: il borgo si trovò così protetto su cinque lati da mura turrite e dalla Rocca posta nell'angolo meridionale, oltre che dal fiume Mincio che circondava, come oggi, l'abitato. Nel Quattrocento la piazzaforte di Peschiera passò sotto il controllo della Repubblica di Venezia, la quale decise di rinnovare le fortificazioni secondo i criteri adottati in quell'epoca: la cinta venne quindi terrapienata e bastionata su progetto redatto da Guidobaldo della Rovere, i cui lavori furono affidati a Michele Sanmicheli. Questa nuova cinta fortificata alla moderna seguiva l'andamento di quella medievale, quindi con cinque lati ma con cinque angoli protetti da bastioni. Lungo la cinta vennero inoltre aperte due porte, porta Verona e porta Brescia. Intorno alla metà del Cinquecento la Rocca Scaligera venne modificata e terrapienata per trasformarla in cavaliere, adatto all'utilizzo di moderne artiglierie. Ad inizio Seicento si procedette ad importanti restauri e all'aggiunta di rivellini di fronte alle porte di accesso al borgo. Nel 1797 la fortezza passò sotto il dominio dell'Impero austriaco: l'Austria fece notevoli investimenti per rafforzare in breve tempo le difese e aggiungere importanti opere militari esterne. I francesi perfezionarono le opere verso oriente, e quindi verso il nemico austriaco, realizzando i forti di Mandella Vecchia e di Salvi Vecchia: la città rimase sotto controllo francese solo per un breve periodo, tornando quindi sotto il dominio austriaco al crollo dell'Impero francese. Gli austriaci costruirono altri due fortificazioni militari presso le precedenti, e per questo chiamate Mandella Nuova e Salvi Nuova; dopo questi lavori Peschiera passò a costituire un robusto caposaldo del Quadrilatero, insieme a Legnago, Mantova e Verona. Altri importanti lavori vennero ideati a seguito della prima guerra di indipendenza, che aveva visto la fortezza assediata a catturata dai piemontesi: vennero realizzati i forti Cappuccini, Papa, Laghetto, Saladini, Baccotto, Ardietti, Cavalcaselle, Polverina e Fucilazzo. Passato infine in mano italiana a seguito della terza guerra d'indipendenza, la piazzaforte perse di importanza strategica.
- 25 Rivoli Veronese — Nelle immediate vicinanze di Rivoli, tra il 1850 e il 1851 fu costruito un forte in cima alla collina chiamata Monte Castello. Assieme ai forti di Ceraino e Monte proteggeva le strade che da Affi passando a Rivoli collegavano il lago di Garda all'Adige. Denominato "Wohlgemuth" in onore di un generale austriaco distintosi nella campagna del 1848, il corpo principale del forte era inizialmente costituito da una doppia casamatta semicilindrica sovrapposta. Era dotato di 17 cannoni. Dopo la conquista italiana, la costruzione fu completata fortificando la parte esposta a nord, fino a quel momento del tutto indifesa poiché originariamente il forte era stato concepito per difendere i confini austriaci e quindi era rivolto verso sud. Al successivo adattamento ai mutati confini italiani si deve pertanto l'attuale forma cilindrica del forte. Il forte ed il complesso circostante di fortificazioni ospitano attualmente un museo della prima guerra mondiale.
- 26 Soave — Le mura vennero costruite nel 1369 per volontà di Cansignorio della Scala e raccolgono al loro interno il nucleo storico di Soave. Anticamente solo tre porte si aprivano nella cinta: Porta Aquila (ora Porta Bassano) a nord, Porta Vicentina ad est e Porta Verona a sud (recentemente restaurata). Per due lati (ovest e sud) le mura sono accompagnate dal fossato naturale formato dal Tramigna.
- 27 Torri del Benaco — Torri del Benaco - posta a mezza via fra Peschiera del Garda e Riva del Garda - potrebbe essere stato un castrum romano e, come tale, venne difeso e fortificato dalle legioni romane insediatesi sulla sponda orientale del lago di Garda (Benaco) (15 a.C.). A testimoniarlo è la torre posta a occidente, sicuramente antecedente e nettamente diversa, sul piano architettonico, rispetto alle altre due. La struttura complessiva, comunque, potrebbe risalire al X secolo, ovvero al tempo di Berengario del Friuli re d'Italia, il quale avrebbe fatto restaurare un preesistente maniero per predisporre una difesa efficace a protezione del monte Baldo e soprattutto in funzione degli attacchi degli Ungari che imperversavano nella pianura padana. Contigue al castello Berengario fece erigere delle mura a cortina i cui resti sono tuttora visibili tra il centro storico di Torri e la Gardesana. A Berengario è attribuita anche l'edificazione della torre che porta il suo nome situata in piazza della Chiesa. Nel XIV secolo, e precisamente nel 1383, Antonio della Scala, ultimo signore dei Della Scala, affidò a Bonaventura Prendilacqua i lavori di ristrutturazione del castello, come ricorda una lapide sul lato ovest della torre occidentale. In tempi successivi, bastarono pochi giorni di assalti ai signori Visconti di Milano per espugnare la fortezza. A inizio del XV secolo toccò ai veneziani della Serenissima Repubblica veneziana (1405) subentrare nel possesso del castello, peraltro ormai avviato al proprio declino culminato trecento anni dopo nell'abbattimento della cinta muraria esterna.
- 28 Valeggio sul Mincio — La scelta di questo luogo per la realizzazione di una fortificazione non era certo casuale ma era fatta per un certo motivo. Da secoli infatti esisteva uno dei punti più sicuri per l'attraversamento del fiume Mincio di notevole importanza strategica, proprio nella sottostante valle. In quel periodo il fiume Mincio segnava il confine tra il Sacro Romano Impero della nazione germanica e il Marchesato di Tuscia, formato dai vasti possedimenti dei potenti Canossa. Il violento terremoto del 3 gennaio 1117 scosse l'Italia settentrionale, abbattendo gran parte degli edifici in muratura, primi fra tutti le torri ed i campanili. Fu così che crollò la prima vera fortificazione valeggiana, lasciando superstite la sola Torre Tonda. Il punto di svolta si ebbe nel 1262, quando venne eletto Capitano del Popolo Mastino I della Scala e nel giro di pochi anni la famiglia degli Scaligeri assumerà il controllo totale del potere in Verona e i lavori di ricostruzione e di ampliamento della zona fortificata di Valeggio. Oltre alla realizzazione della Rocca e del Castello precedentemente citati, fu edificato l'avamposto sulle rive del Mincio. Sulla collina, una muraglia (la “Bastita”) garantiva il collegamento fra la cinta turrita e il Castello. I lavori di un'altra "Bastita" iniziarono nel 1345, ad opera di Mastino II Della Scala. Questa seconda opera fu ben più impegnativa della precedente ed era parte di una poderosa linea difensiva costituita da fossati e mura merlate intervallate da torresini, scendeva dal Castello, circondava il piccolo villaggio di Valeggio, raggiungeva dopo quattro chilometri il fortilizio della Gherla, proseguiva lungo il fiume Tione toccando il castello di Villafranca di Verona per terminare, tre chilometri oltre, nelle campagne paludose che circondavano Nogarole. Quest'opera difensiva, il cosiddetto "Serraglio scaligero", era lungo circa 16 km. Nel 1348 la famosa "Peste nera" colpì anche Valeggio che falciò i due terzi delle popolazioni colpite e poco dopo l'ultimazione dei lavori, gli Scaligeri vennero sconfitti dai Visconti di Milano, i quali conquistarono il Serraglio e le roccaforti valeggiane, nel 1387. Nel 1393 il conte di Virtù, Gian Galeazzo Visconti, Signore di Milano, realizzò un complesso fortificato unico in Europa attraverso il raccordo del suo famoso Ponte-diga visconteo con la Rocca di Valeggio tramite due cortine merlate. Il lento decadimento delle strutture tardo medievali iniziò durante la dominazione veneziana: le torri, superate dalle più moderne costruzioni strategico-militari ed impotenti di fronte alle nuove micidiali artiglieri, cominciarono crollare. Intorno alla metà del XVI secolo, la Serenissima cedette ai privati sia il Castello che il Ponte-fortificato. Con il passare dei secoli, a causa delle guerre e dell'incuria degli uomini gli antichi monumenti sono andati incontro ad un progressivo degrado.
- 29 Verona — Il sistema difensivo urbano a destra d'Adige riferibile ai secoli XII e XIII è formato da due recinti murari, che seguono il corso dell'Adigetto con tracciati irregolari e pressoché paralleli. Nel corso del tempo si sono sovrapposti restauri e ricostruzioni su entrambe le muraglie, tanto che ora si possono solo formulare delle ipotesi sui tempi e sui modi della loro costruzione. L'esistenza di una cinta urbana lungo l'Adigetto è documentata già nella prima metà del XII secolo (1157); una seconda fase può essere delimitata tra il 1239 (anno in cui un'inondazione causò il crollo della cinta in due tratti) e il 1259; in questo periodo Ezzelino III da Romano aveva l'interesse di tenere a Verona una solida base per la sua armata. L'assetto allora raggiunto è da considerare come una soluzione compiuta: il sistema cinta-antemurale-fosso si configura come un tipo fortificatorio fondato sul concetto della difesa graduale. Nel 1325, la costruzione della cinta di Cangrande I della Scala a destra d'Adige ampliava considerevolmente le dimensioni della città e spostava la difesa principale ben oltre la vecchia cinta comunale. In epoca viscontea (1387-1402) il sistema già predisposto dalle fortificazioni scaligere trovava un'ulteriore consolidamento con la formazione della Cittadella, compreso tra la cinta comunale-ezzeliniana, la cinta di Cangrande I (lungo la riva dell'Adige, a est, e lungo il fronte urbano meridionale, e delimitato a ovest dalla nuova muraglia con fosso antistante (lungo l'attuale corso Porta Nuova). Questo ampio spazio, destinato all'accampamento delle milizie e alle attrezzature logistiche, era in diretta comunicazione con Castel Vecchio attraverso la strada coperta esistente tra la cinta comunale e l'antemurale, lungo la quale potevano transitare milizie e artiglierie. Le cortine murarie comunali conservate tra la Gran Guardia e l'Adige (tratto della Cittadella) sono state più volte rimaneggiate, adattate alle rinnovate destinazioni degli edifici tra di esse costruiti, trapassate e interrotte da un nuovo fornice (verso stradone Maffei) e da una breccia (lungadige Capuleti). Nulla rimane delle porte medievali (Porta della Paglia e Porta Rofiolana), in seguito all'allargamento dei fornici.
- 30 Villafranca di Verona — La città faceva parte del "Serraglio veronese" o "Serraglio scaligero", opera di fortificazione lunga 13 km edificata dagli Scaligeri tra il XIII e il XIV secolo per proteggere il territorio veronese dalle incursioni milanesi e mantovane. Di fronte al castello di Villafranca, al di là del Tione, era stato innalzato una specie di grande antemurale, il Porton, che dava accesso alla porta sud e quindi alla corte d'armi del castello. L'opera, iniziata da Mastino II nel 1345 e completata da Cangrande II nel 1355, venne nel 1359 inglobata in un recinto quadrato di 140 metri di lato, con alte cortine e 10 torri, che racchiudeva il castello e consentiva lo stazionamento, oltre a parte del presidio del Serraglio, di 200-250 cavalieri. In tal modo Villafranca divenne il centro di comando del Serraglio. Dopo la caduta della signoria scaligera, l'opera venne rafforzata da Gian Galeazzo Visconti con la costruzione a cavallo del Mincio del Ponte-diga, raccordato con tratti di mura al castello di Valeggio sul Mincio. Di tutto il "Serraglio" restano oggi, oltre a Borghetto, il castello di Valeggio sul Mincio, il vallo ancora visibile lungo la strada SP24 già a partire da Valeggio sul Mincio anche se adibito ad attività agricole o parzialmente interrato, i ruderi del castelletto della Gherla (fortilizio a pianta poligonale con una porta verso Custoza oggi in stato di abbandono, la cui importante caratteristica era la comunicazione visiva tra il castello di Valeggio e quello villafranchese, il castello di Villafranca (e qualche rudere lungo il fiume Tione).
In provincia di Vicenza
modifica- 31 Arzignano — Le opere murarie più antiche sono i resti di una antichissima fortezza sulla cima del colle di San Matteo alle spalle del borgo di castello. L'attuale rocca del Castello è di epoca scaligera e probabilmente sorta sui resti di una precedente fortificazione romana. Alla fine di gennaio del 1413 il castello venne messo sotto assedio dalle truppe degli Ungheri di Filippo Buondelmonti degli Scolari, detto Pippo Spano, durante una campagna di Sigismondo, re d'Ungheria contro la Repubblica di Venezia. Dopo alcuni giorni, gli arzignanesi, forse mancando i viveri, fecero voto a Sant'Agata, e miracolosamente il 5 febbraio (giorno della morte della santa avvenuta nel 251) l'assedio venne tolto, grazie anche allo stratagemma di gettare dalle mura del castello viveri e granaglie, per ingannare gli assedianti sulla disponibilità di provviste.
- 32 Bassano del Grappa — La costruzione del castello è da inquadrare nelle prime fortificazioni difensive sorte attorno alla Chiesa di Santa Maria, come testimonia un documento risalente all'anno 998; nella seconda metà del XII secolo il vescovo di Vicenza, cui il castello apparteneva, lo donò a Ecelo I, capostipite di quella che fu la potente famiglia degli Ezzelini. Le strutture più antiche ancora presenti risalgono ai secoli XII e XIII, periodo in cui venne costruito il muro di cinta pentagonale a nord e la torre dell'Ortazzo. Il castello fu operativo durante le dominazioni degli Scaligeri (1311-87), dei Visconti (1387-1404) e infine della Repubblica di Venezia dopo la dedizione del 1404. Nel 1411 - durante la guerra tra la Repubblica di Venezia e il Regno d'Ungheria - le sue fortificazioni resistettero agli attacchi delle prime bombarde messe in campo dalle truppe dell'imperatore Sigismondo di Lussemburgo che devastavano il territorio; caddero invece sotto l'urto degli eserciti di Massimiliano I d'Asburgo, durante la guerra della Lega di Cambrai nel 1508.
- 33 Lonigo — Alla fine del IX secolo, a causa delle prime scorrerie degli Ungari, l'abitato tra Santa Marina e San Tomà fu distrutto; parte della popolazione si rifugiò a Bagnolo e parte si insediò nel centro di Lonigo, dove fu costruita una fortificazione nei pressi di dove oggi sorgono il duomo e Villa Mugna. Forse, però, era qualcosa di più di una semplice barriera a protezione della chiesa e degli inermi, ma un vero e proprio castello costruito per i Malacappella. Quest'ipotesi è sostenuta dal fatto che l'antica pieve di san Cristoforo, interna al castello, esercitava la sua giurisdizione solo nello stretto ambito cittadino e nel secolo XIV non aveva ancora cappelle dipendenti, il che dimostra che era di origine gentilizia. Il castello dei Malacappella venne inizialmente detto "Calmano", ma più tardi, in epoca veneziana, venne semplicemente chiamato "Castellazzo" (o "Castellaccio"): come risulta dalle antiche cronache, era certamente di dimensioni cospicue, disponeva di ampio fossato circostante, di ponte levatoio e di numerose canipae sotterranee in grado di assicurare la sussistenza per lunghi periodi a più di 1500 persone. Anche se molto probabilmente sopraelevate e rinforzate in epoca scaligera, del castello dovevano far parte anche le due torri che tuttora esistono davanti e dietro al Duomo.
- 34 Marostica — La costruzione delle mura ebbe inizio il 1º marzo 1372 da parte di Cansignorio della Scala. Sono quattro le porte che permettono di accedere al centro storico caratterizzato dalla "Piazza degli Scacchi": la Porta Vicentina a sud, quella Breganzina ad ovest, quella Bassanese ad est e la Porta del Castello Superiore a nord. Lungo le mura ci sono dei camminamenti, gli stessi che in epoca antica permettevano un servizio di guardia. Tra il 1934 e 1935, nella parte sud della mura, fu praticata una nuova apertura al fine di agevolare l'accesso alla ex stazione ferroviaria.
- 35 Vicenza — La necessità di creare dei solidi baluardi alle città si presentò nel IX secolo, in seguito alle devastanti incursioni degli Ungari nella pianura veneta. Così anche a Vicenza si ebbe il fenomeno dell'incastellamento e, probabilmente nel X secolo, si cominciò ad erigere delle solide mura, che racchiusero dapprima il nucleo più antico e nel XIII secolo inglobarono anche una parte dell'ormai popolato Borgo Berga. Questa prima cortina di mura formava un anello quasi del tutto circolare.
Nei dintorni
modificaEscursioni
modifica- Lago di Garda — È uno dei grandi laghi lombardi; la sponda orientale è veneta, la punta a nord è trentina. Meta di turismo climatico fin dall'Ottocento, ogni paese rivierasco vive e si sviluppa con il turismo. Mete principali sono Sirmione, Desenzano del Garda, Salò, Riva del Garda, Garda, Peschiera del Garda.
Itinerari
modifica- Colline moreniche del lago di Garda — Sui primi corrugamenti della pianura padana che si fa collina, là dove ha inizio il grande bacino lacuale del Lago di Garda, il percorso tocca paesi e città che furono dominio gonzaghesco, veneziano, scaligero, e divennero poi teatro delle sanguinose battaglie risorgimentali che furono il preludio dell'Unità d'Italia. All'importanza turistica, storica e naturalistica la zona unisce un interesse enologico in quanto area di produzione dei vini dei colli, tokai, merlot e chiaretto.
- Monti Lessini — Un itinerario che tocca una zona del Parco naturale regionale della Lessinia e che si sviluppa nella parte settentrionale della provincia di Verona in un corpo territoriale che va dai 1200 metri alle cime; comprende alcune isole ad altezza più bassa che comprendono luoghi di bellezza naturale. Nel parco sono compresi tutti i monti veronesi ad esclusione del Monte Baldo.