Riofreddo | ||
Stato | Italia | |
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Regione | Lazio | |
Territorio | Lazio centrale | |
Altitudine | 669 m s.l.m. | |
Superficie | 12,38 km² | |
Abitanti | 742 (2020) | |
Nome abitanti | Riofreddani | |
Prefisso tel | +39 0774 | |
CAP | 00020 | |
Fuso orario | UTC+1 | |
Patrono | San Giorgio | |
Posizione
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Sito istituzionale |
Riofreddo è una città del Lazio.
Da sapere
modificaCenni geografici
modificaIl comune di Riofreddo fa parte della Comunità della Valle dell'Aniene confina a nord con Vallinfreda a est con l'Abruzzo e il comune di Oricola a sud-est con il comune di Arsoli, a sud con comune di Roviano, e a ovest con il comune di Cineto Romano.
Quando andare
modificaRiofreddo è una nota località di villeggiatura estiva. L'afflusso di villeggianti da Roma era presente già a partire dal XIX secolo. L'estate è quindi considerata l'alta stagione turistica. In estate infatti le temperature difficilmente raggiungono picchi torridi, l'aria salubre e ben ossigenata non permette la formazione di afa. Questo pregio ha come controparte il difetto di una relativa rigidità dell'inverno. Premesso ciò bisogna ricordare tuttavia che i principali servizi turistici di accoglienza e visita (il museo, i ristoranti, la Cappella dell'Annunziata) sono aperti durante l'intero arco dell'anno. Di particolare interesse a Riofreddo è la stagione autunnale, in quanto nel territorio comunale vi è uno dei più vasti castagneti del Lazio. Alla castagna è dedicata una delle sagre più importanti del paese che cade storicamente da oltre mezzo secolo i primi di novembre. Passeggiare per i viali alberati nelle ore fresche o durante il foliage autunnale, raggiungere i vicini paesi lungo sentieri storici, visitare mostre e sentire concerti dal vivo è un lusso che attira qualsiasi tipo di villeggiante a Riofreddo.
Cenni storici
modificaSi ipotizza che la formazione del castello intorno al quale venne costruito il borgo fosse intorno a un'antica fortezza equa e poi romana posta in quel luogo a guardia dell'asse romano della Via Valeria Antica. Questa strada ha origini molto antiche, probabilmente eque, e attraversa il territorio di Riofreddo divisa in vari tratti di tre epoche differenti. Della più antica sono presenti la tagliata nella roccia e le sostruzioni in pietra a secco, della via romana sono presenti alcuni tratti con il tipico lastricato romano, della strada medievale vi è presenza lungo il tracciato di chiese e oratori a servizio dei viaggiatori. Ben altra cosa è la Via Valeria Nuova sempre di epoca romana che lambisce il territorio di Riofreddo, costruita intorno al 97 d.C. e presenta i resti di un ponte attribuito al console Nerva. Il comune è stato quindi attraversato da oltre 3000 anni da vie di collegamento commerciale, militare e transumanza diretta tra Roma e l'Abruzzo. Non stupirà affatto quindi la presenza di altri siti archeologici in località Casal Rotondo, come tre necropoli risalenti ad altrettante epoche con la più interessante e la più antica risalente al 1000 a.C. È di epoca equa, dove sono stati riportati alla luce, con scavi abbastanza recenti, dei reperti molto interessanti tra i quali una daga di un guerriero Equo esposta insieme ad altri nel Museo delle Culture Villa Garibaldi del comune.
Riofreddo trae l'origine del suo nome nel medioevo dal Rivus frigidus odierno Torrente Bagnatore di Riofreddo, che attraversa e lambisce lo sperone di roccia dove venne costruito il borgo. Il suo territorio nell'alto medioevo apparteneva alla potente Abbazia di Subiaco e ha avuto un incastellamento tardivo rispetto ad altri avamposti, probabilmente tra il XII e il XIII secolo. Il territorio nell'Altomedioevo infatti gravitava e veniva controllato con ogni probabilità dal Monastero di San Giorgio (di origine longobardo-franca). San Giorgio all'epoca (tra VIII e XII secolo) era con ogni probabilità tra i maggiori monasteri del territorio di Subiaco, secondo per grandezza e importanza unicamente al Monastero di Santa Scolastica, centro propagatore dell'incastellamento Sublacense. A causa dell'arrivo dei Normanni nel Sud Italia nel XII secolo avvenne la conseguente conquista dell'Abruzzo da parte di questi guerrieri e vi fu la rottura di una lunga situazione di pax tra i territori della Chiesa e quelli della Marsica lungo il confine est del Ducato Romano li dove il territorio di Riofreddo divenne improvvisamente di confine e dogana e tale rimase fino all'Unità d'Italia. Per questo motivo sul luogo dell'ipotizzato antico avamposto equo-romano venne costruito e man mano ampliato un Maniero. Del castello abbiamo le prime notizie solo nel XIII secolo e probabilmente venne affidato dai papi fin dal principio del secolo XIII direttamente ai feudatari della famiglia Colonna con Landolfo che lo possedeva insieme ad altri abitati nei dintorni tra i quali Roviano, Vivaro e Pozzaglia, dando il nome ad uno dei rami di questa famiglia che lo tenne fino alla metà del secolo XV, tranne una breve parentesi durante il pontificato di papa Bonifacio VIII che lo confiscò ai Colonna per concederlo agli Orsini. Passata per matrimonio ai Caffarelli, questi, dopo un breve ritorno ai Colonna, la vendettero durante la prima metà del secolo XVI ai Del Drago che ancora ne mantengono il titolo di marchese.
L'eremita, la chiesuola, le leggende.
modificaA Riofreddo gli eremiti veri sono conosciuti. Poco lontano dall'estremo abitato, alle pendici del Monte Sant'Elia, ai confini con i Comuni di Cineto Romano e Roviano, in un fondo valle particolarmente meraviglioso, esiste, da tempo immemorabile, una piccola chiesa con annessa una altrettanto piccola casa. Nel retro, fino a qualche decina di anni or sono, v'era anche un recinto in muratura a cielo aperto che racchiudeva gli scheletri o, meglio ancora, le ossa consunte dal tempo e dalle intemperie o quanto ancora rimaneva dei cadaveri delle ormai celebri pestilenze. Si racconta che alcuni passanti, circa 10 secoli or sono, alle pendici del Monte Crocetta lungo l'antica Via Valeria, in una piccola grotta scavata forse dalle acque nella roccia carsica, trovarono una lignea Madonna con Bambino. Gli abitanti della vallata eressero, a pochi passi, la chiesuola dove ospitarono la statua così miracolosamente trovata; dopo qualche tempo, passarono da quelle parti dei mercanti di Firenze, in viaggio verso Roma, che riconobbero la statua come quella misteriosamente scomparsa dalla loro terra dove la riportarono. La leggende dice che, trascorso qualche tempo, i contadini della vallata ritrovassero di nuovo e nella stessa nicchia la statua della Madonna che da allora chiamarono "Dei Fiorentini"; questa volta, però, attribuendo alla statua la volontà di rimanere nella vallata di Riofreddo, gli stessi fiorentini rinunciarono a riportarsela nella loro Signoria. Alla chiesuola venne aggiunta l'abitazione per l'addetto al culto, il quale evidentemente doveva vivere solo. Era nato l'eremita e l'eremitaggio di Riofreddo molto conosciuto nella zona circostante nei secoli scorsi anche perché, essendo posto al summo jugo della Via Valeria Antica, fu luogo di sosta e di ristoro dei pellegrini diretti e provenienti dalla Città Eterna. Ogni eremita doveva vivere con le elemosine in natura e con il ricavato della coltivazione del terreno circostante all'eremo.
La divisione in "quarti" del territorio di Riofreddo.
modificaIl territorio di Riofreddo, sin dai tempi antichi (con molta probabilità sin dal secolo XII), era stato suddiviso in 3 parti all'incirca equivalenti per quanto riguardava la superficie e la fertilità del terreno. Queste zone di territorio, chiamate quarti perfettamente delimitate, presero la loro denominazione dalle Chiese di San Giorgio, Santa Maria e San Marco; all'interno di ogni quarto i singoli proprietari avevano i loro terreni recintati, solo alcuni dei quali destinati a colture particolari (canapine, vigne...). Lo scopo di tale suddivisione, forse voluta dal Signore locale ma accettata e rispettata da tutta la popolazione, derivava dalla necessità di realizzare in modo rigido la rotazione triennale delle colture. Questa avveniva nel modo seguente: ogni anno in un quarto era possibile seminare solo un cereale invernale: grano; nell'altro solo un cereale primaverile: farro (oppure orzo o avena) e l'ultimo quarto veniva lasciato a riposo ("maggese"). L'anno successivo le colture erano ruotate in modo che nel quarto dove si era raccolto il grano veniva seminato il farro, dove si era raccolto il farro il terreno veniva lasciato a "maggese" e dove era stato "maggese" veniva seminato il grano. Tale rotazione era obbligatoria, con la sola eccezione dei terreni recintati, "ristretti", dei boschi e dei prati destinati ad altri usi. Dopo una certa data, entro la quale i raccolti dovevano essere stati effettuati, era permesso il libero pascolo delle bestie di grossa taglia sulle "stoppie" dei campi aperti ("diritto di pascolo") che doveva terminare prima della semina per i quarti destinati ad essere coltivati, mentre poteva proseguire nel quarto destinato a maggese; pene in denaro erano applicate ai proprietari delle bestie trovate a pascolare nei luoghi e durante i periodi proibiti. L'introduzione dell'obbligatorietà della rotazione triennale delle colture, la suddivisione in quarti del territorio che la rendeva possibile, regolandone lo svolgimento e la normativa sul diritto di pascolo, segnano un momento importante nella storia di Riofreddo poiché coincidono inequivocabilmente con un periodo di espansione economica e di aumento demografico. L'aumento della popolazione, senz'altro dovuto anche alle garanzie di sicurezza offerte dalla presenza nel luogo della potente famiglia Colonna, poteva essere reso possibile infatti soltanto se la quantità di frumento prodotta nel territorio fosse aumentata. Ciò, allora, era possibile unicamente dissodando e bonificando nuovi campi o sfruttando in maniera più intensiva quelli esistenti; in pratica, attuando un tipo di rotazione che destinasse alla coltivazione dei cereali la massima superficie agraria disponibile, salvaguardando al tempo stesso la fertilità dei terreni. L'aumento della superficie coltivabile coincise anche con un aumento del bestiame necessario per la sua coltivazione: di qui la necessità di garantire il libero pascolo; cosa questa che, se regolamentata, non doveva essere certo osteggiata dai proprietari dei campi, in quanto le bestie concimavano il terreno su cui pascolavano. L'alimentazione del bestiame necessario al lavoro e alla concimazione dei campi richiedeva durante i mesi invernali grandi quantità di foraggio, che dovevano anch'esse essere prodotte nel territorio, e questa esigenza veniva soddisfatta con parte delle colture primaverili, effettuate ogni anno nel quarto destinato al farro.
Ma la rotazione triennale non rappresentava solo uno stadio obbligatorio per lo sviluppo agro-economico del paese; questa offriva anche delle garanzie di sicurezza per la popolazione poiché riduceva i margini di rischio dovuti a carestie. Quando la natura era ingrata e le avverse condizioni atmosferiche compromettevano il raccolto la popolazione poteva, magari a stento, sopravvivere alimentandosi con i prodotti che maturavano in un diverso periodo nell'altro quarto del territorio; l'ultimo, ma non meno importante vantaggio, consisteva nella possibilità di decentrare in più periodi dell'anno i lavori agricoli. Dal XII al XX secolo la suddivisione in quarti del territorio, la rotazione triennale delle colture ed il diritto di pascolo subiscono, per varie cause, profonde trasformazioni. Nel secolo XVIII una nuova area del territorio di Riofreddo, la Pianura di Sesera, fu in parte sottratta alla boscaglia e resa disponibile alle colture ed al pascolo, diventando il quarto "quarto" con regole di coltivazione e di pascolo diverse da quelle precedentemente descritte; nuove colture (mais e patata), apparse nel territorio tra le seconde metà dei secoli XVIII e XIX, per il loro più alto quoziente di resa sostituirono in parte quelle originarie, prevalentemente cerealicole.
La più importante modifica si ebbe per ciò che riguarda il diritto di pascolo: da un allevamento originario di bestiame di grossa taglia (buoi e cavalli), realizzato in esclusiva funzione del lavoro dei campi, si passò tra il XIX e il XX secolo ad un ben più intenso allevamento di animali di media taglia (soprattutto pecore) fatto per venderne carne e formaggio. Con il passare degli anni le esigenze e gli interessi dei nuovi "allevatori" prevalsero, con un potere sempre maggiore, su un uso nato originariamente per soddisfare una comune esigenza di sviluppo in un'economia basata solo sul lavoro dei campi. La regolamentazione legislativa del diritto di pascolo, rimasta come uso civico, è diventata una realtà anacronistica in un'epoca, quella attuale, in cui lo sviluppo economico della società ha completamente modificato le fonti di reddito della comunità riofreddana.
Il pascolo a Riofreddo alla fine del secolo XIX
modificaCon il "Regolamento sul godimento dei beni comunali per il bestiame" il Municipio di Riofreddo nel 1878 codificò in maniera organica l'uso e il godimento del pascolo sull'intero territorio comunale; il Regolamento, approvato con delibera della Giunta (Cesare Bernardini Sindaco, Francesco Presutti e Vincenzo Alessandri assessori) in data 17 Aprile 1878, si compone di 19 articoli raggruppati in 10 capitoli. Questo riveste particolare importanza perché, se da un canto riconferma lo "ius pascendi" sul territorio di Riofreddo a circa trenta anni dalla Notificazione Pontificia del Dicembre 1849 che fissava modi e termini per la sua abolizione, dall'altro ribadisce la facoltà ai singoli proprietari dei fondi di esonerare i loro terreni dalla servitù di pascolo con il solo piantarvi alberi o viti o coltivarvi canapa. Questa servitù appare quindi più come una servitù condizionata, e non come un vero e proprio uso civico; poiché "ubi feuda, ibi demania" (dove ci sono beni feudali, là ci sono i demani) era evidente che a Riofreddo l'uso civico non poteva esserci, come d'altronde i riofreddani avevano sempre ritenuto, dato che in origine il paese era un castello a carattere militare e non una signoria feudale. Pertanto si ebbe una feudalità della collettività e non del "dominus" (padrone).
L'articolo 1 del Regolamento dispone che, "escluse le vigne, gli alboreti vitali, le canapine e i terreni posti nel circuito o nelle adiacenze delle medesime, esclusi i castagneti, macchie ed altri terreni investiti di albori qualunque", su tutto il rimanente territorio, benché di proprietà dei "particolari", il Comune abbia il diritto di pascolo. Partendo da tale enunciazione, il territorio viene diviso in 4 "quarti":
- Quarto dei "bassi" o di Sesera
- Quarto di "monte" delle Valli o di San Giorgio
- Quarto di "monte" di San Marco o Casal Rotondo
- Quarto di "monte" di Santa Maria o Antignano
Mentre nel quarto di Sesera si stabilisce una rotazione biennale delle colture, in quelli di "monte" si riconferma quella triennale; infine, a differenza di quanto stabilito nel 1680, si dà la facoltà ai singoli proprietari di scegliere il tipo di coltura, purché il fatto non sia di nocumento al pascolo, come pure si permette, nei terreni più fertili del quarto cadente a maggese (cioè nel quarto a riposo) di effettuare una semina a "marzoli", vale a dire una semina primaverile. Inoltre, nell'ambito di ciascun quarto lavorato, si possono delineare tratti di terreno non coltivati, detti "sodi" o "mezzagne". Quanto al bestiame di singola proprietà, esso anticamente doveva essere portato al pascolo da uno o più pastori; di tale uso si trova traccia, per quanto riguarda i buoi, ancora nel 1695 ("Libro dei Consigli della Comunità", sotto la data 17 Novembre 1695) mentre per quanto riguarda i maiali l'uso fu mantenuto almeno fino allo scadere del secolo scorso, quando ancora "la massa comune dei porci" veniva pascolata da un custode scelto dal Consiglio della Comunità. Nel Regolamento tale uso non appare più ma il compenso, probabilmente pagato dai proprietari ai pastori, risulta trasformato in una tassa sul pascolo; difatti, il Regolamento stabilisce che solo il bestiame "affidato", vale a dire quello su cui si paga una tassa, ha diritto di pascolare sul territorio comunale.
Tale bestiame viene diviso in 3 classi: alla prima appartengono "pecore, porci, vacche e cavalle da trita o da matta"; alla seconda "muli, mule, asini, cavalli e cavalle"; alla terza, infine, "bovi, giovenchi e vacche aratorie". Ciascuna classe non può pascolare liberamente su ogni quarto, ma deve rispettare determinate regole e tempi. Nel quarto di Sesera, esclusi i suini che non possono mai pascolarvi, tutti gli altri animali possono accedervi, limitatamente ai "sodi" e ai prati, per l'intero anno, fuorché nel periodo che va dal 19 Marzo alla raccolta del fieno; tale esclusione è più lunga per le pecore, le capre e le vacche "indomite", per le quali termina il 15 Agosto. Nel "quarto" seminato a grano gli animali appartenenti alla prima classe possono pascolare soltanto dalla mietitura alla fine dell'anno; la seconda classe, invece, può sempre pascolarvi, ma solo nei "sodi" o "mezzagne", purché nel periodo che va dalla semina al raccolto gli animali risultino legati in modo da non recar danno ai terreni seminati (devono essere "accodati", cioè legati con corda uno dietro l'altro.
Dal principio della mietitura fino alla completa levata del prodotto dai campi possono pascolare nelle stoppie solo le "traglie", ovvero le bestie che trasportano il genere mietuto, nonché le cavalle del proprietario dei terreni e le bestie utilizzate per portare il vitto ai mietitori; per il bestiame di terza classe valgono le medesime regole già dette per la seconda, con la sola differenza che esso può pascolare fino al 15 Maggio; inoltre, il proprietario di terreni che confinano o con la pubblica strada o col quarto cadente a riposo può introdurre da detta strada o da detto "quarto" le proprie pecore nel proprio terreno per il pascolo o per la concimatura fino a tutto il mese di Ottobre. Nel "quarto" seminato a farro la prima classe di bestiame può pascolare dall'inizio dell'anno fino al 19 Marzo (periodo della semina) e dalla raccolta del farro fino alla fine dell'anno; seconda e terza classe seguono le stesse regole dettate per il "quarto" a grano. Tutto il bestiame, infine, può accedere nel quarto a maggese dall'inizio dell'anno fino al 15 Settembre (periodo della semina del grano), salvaguardando i terreni coltivati; una particolare caratteristica hanno i quarti di Santa Maria e San Giorgio, poiché una parte del loro territorio chiamata "difesa" è soggetta a regole diverse: queste due "difese" hanno annualmente luogo una in primavera, la pasciticcia, l'altra in autunno, la fresca; esse si succedono costantemente in ogni anno nelle località di Sant'Elia ("quarto" di Santa Maria) e nella contrada Valli ("quarto" di San Giorgio), di modo che quella che era pasciticcia diviene l'anno seguente fresca e viceversa. La "difesa pasciticcia" è vietata al pascolo solo dal 14 Marzo al taglio di tutto il fieno, ma soltanto quando questa si trova nel quarto a maggese; quando accade che si trova nel "quarto" seminato a farro il bestiame della prima classe non può pascolarvi se non dopo la raccolta, mentre quello della seconda e terza classe può sempre pascolarvi salvo che nei terreni seminati. Ad ogni classe di bestiame viene interdetto il pascolo nella "difesa fresca" dalla levata delle manocchiare (cataste stabili di mannocchi, cioè fascine di raccolto vario) sia di grano sia di farro fino al 15 Settembre, periodo in cui si semina il grano, e la "difesa" si mette a "rotta"; da allora possono pascervi, fino alla fine dell'anno, la seconda e la terza classe di bestiame, restando escluso quello della prima che vi entra solo dopo il 20 Novembre, periodo in cui si suole ricondurre i buoi nelle stalle.
I capitoli 6,7,8 e 9 del Regolamento fissano poi le norme e di luoghi in cui il bestiame può abbeverarsi: nel "quarto" di Santa Maria si stabilisce come abbeveratoio il fosso di Carticetta, che separa questo quarto da quello di San Marco, lungo la parte inferiore della strada che va a Casal Rotondo; i maiali però sono ammessi ad abbeverarsi soltanto negli ultimi 100 metri del fosso, mentre tutti gli altri animali possono farlo nella parte superiore. In più, si può utilizzare come abbeveratoio per le bestie ( con la sola eccezione dei suini) anche il fosso di Fonte Limosa, lungo la strada di Santa Maria, tranne per quei tratti in cui scorre dentro le "cannavine" (terreni dove veniva coltivata la canapa). Nel quarto di San Marco i maiali possono utilizzare il fosso di Carticetta nella parte antistante quella ad essi riservata nel quarto di Santa Maria; il rimanente bestiame può usufruire liberamente delle numerose sorgenti e dei fossi che si trovano in questo quarto; gli animali che pascolano poi nella Costa della Riscola si dissetano alla Fonte degli Staffari. Nel quarto di San Giorgio ai maiali è riservato il fosso sotto la Mola del Fico, situato sulla direttrice di Arsoli, mentre gli altri animali utilizzano liberamente il fosso sopra la stessa fino alle "cannavine", cioè fino a circa 194 metri sopra la Mola di Casaletti, nonché la Fonte degli Staffari e Fonte Pepe. Infine, il bestiame pascolante nel quarto di Sesera si può abbeverare sia nel fosso del Campo sia in quello sopra la Mola di Casaletti; la Fonte di Prato Perrino e quella Limosa rimangono libere per tutto l'anno ad ogni sorta di bestiame, escludendo come al solito solo i maiali.
Il decimo e ultimo capitolo del Regolamento tratta delle sanzioni cui vanno incontro coloro i quali non rispettano le norme in esso contenute; le infrazioni sono punite con le pene stabilite dall'articolo 146 delle Leggi Comunali e Provinciali, secondo quanto disposto dal Codice Penale.
La Decima Sacramentale
modificaIl territorio di Riofreddo era soggetto al pagamento della Decima Sacramentale in favore delle chiese di San Nicola e San Giorgio: quest'ultima però la percepiva solo sui terreni che facevano parte del quarto di piano o quarto di si San Giorgio; la Decima consisteva nel pagamento di 1/12 del raccolto nel quarto seminato a grano e ne erano esenti i terreni seminati a canapa (le cosiddette "cannavine"), le vigne, i castagneti, i prati ed in genere tutti i fondi chiusi (i cosiddetti "ristretti"). Inoltre, non pagavano la Decima quei terreni che facevano parte del patrimonio delle chiese rurali di San Marco e di Santa Maria dei Fiorentini.
Come orientarsi
modificaQuartieri
modifica- Arco di Santa Caterina, o j'Arcu de Santa Catirina (j è articolo e si legge "gl" e inflessione verso la i)
- La Fonte, o La Fonde (passaggio da t a d, è un tratto linguistico tipico del dialetto, più di preciso sonorizzazione delle consonanti sorde)
- Santa Maria
- Il Colle, oppure ju Colle
- I Villini, quartiere più recente rispetto al resto del paese situato a nord
- Le Pantane, probabilmente deriva il suo nome dal terreno paludoso, appunto pantano, che c'era in passato prima dell'urbanizzazione scorreva infatti il fosso Bagnatore lungo tutta la superficie passando per il Monte Crocetta fino a Santa Maria
- San Giorgio, zone limitrofe vicino al Monastero diruto oggi sito archeologico medievale.
- La Piazzetta, rione storico proprio alle pendici del Castello Colonna.
- Castiglione, oppure Castijone, abbreviato Castijo', probabilmente prende il nome dalla presenza di Villa Garibaldi e la sua importanza nel paesaggio del passato, a confronto delle umili dimore dei paesani, che lo chiamavano Castello Garibaldi.
Come arrivare
modificaIn aereo
modificaSi atterra all'aeroporto di Roma-Fiumicino, a quello di Roma Ciampino e si raggiunge il borgo con mezzi propri o con mezzi pubblici.
In auto
modificaLungo l'A24 da Roma si esce al casello di Vicovaro/Mandela si seguono prima la direzione Subiaco e poi Carsoli, superato il paese di Arsoli dopo circa tre chilometri si giunge ad un lungo rettilineo e si svolta a sinistra direzione Riofreddo, dopo due chilometri circa si è giunti nel borgo. Da l'Aquila lungo l'A24 si esce al casello di Oricola, si segue la direzione Roma dopo circa cinque chilometri si giunge al bivio dove seguire le indicazioni per Riofreddo. Il paese si trova lungo la Via Tiburtina Valeria Strada Statale 5 comodamente percorribile e priva di pedaggi per chi viene da Roma verso l'Abruzzo e viceversa.
Come spostarsi
modificaCosa vedere
modifica- 1 Museo delle Culture Villa Garibaldi (MUDECU), Via Costanza Garibaldi 10 (Dal centro del paese seguire le indicazioni "Museo"), ☎ +39 0774 929183, mudecu@libero.it. 4 € intero, 2 € ridotto. Museo civico istituito all'interno della Villa costruita da Ricciotti Garibaldi, ultimo figlio del Generale Giuseppe Garibaldi e Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, meglio conosciuta come "Anita Garibaldi". Ricciotti Garibaldi partecipò a molte delle battaglie più famose del Risorgimento Italiano, alla Terza Guerra di Indipendenza e assieme il padre ha combattuto si durante la Battaglia di Monterotondo che nella Battaglia di Mentana. All'estero si distinse per la Vittoria della Battaglia Digione al comando dei battaglioni della cosiddetta Armata dei Vosgi, unica rivalsa della Repubblica Francese contro i prussiani nella Guerra Franco-Prussiana del 1870-1871. I cimeli raccolti su questo tema narrano le imprese di Ricciotti Garibaldi e la presenza della famiglia e i discendenti di Garibaldi fino ai nostri giorni nella medesima Villa che ospita il museo. Il museo occupa l'intero spazio della villa e ha al suo ingresso una collezione di oggetti che si dipana cronologicamente dal Pleistocene Ioniano (resti paleontologici di Elephas Antiquus e Hippopotamus Antiquus), giungendo alla sezione pre-romana che raccoglie le armi ritrovate nella necropoli del popolo degli Equi, passando per il periodo romano, la civiltà contadina e materiali medievali e così via, fino alla fine del 19° secolo. Il museo è dotato di servizi di visita guidata, bookshop e di biglietteria.
- 2 Oratorio della Santissima Annunziata, Piazza Santissima Annunziata (Si trova nella piazza d'ingresso del paese (chiedere al Bar Rio)). Gratuito. Oratorio affrescato con dipinti rinascimentali datati al XV secolo nell'anno 1422 fatti eseguire da Antonio Colonna di Riofreddo il quale volle dipingere questo magnifico oratorio per onorare il ritorno del Papa a Roma e la fine dello Scisma d'Occidente. I rapporti del signore di Riofreddo con il pontefice Martino V Colonna, erano infatti molto solidi essendo tra di loro imparentati. Il Papa favorì la posizione politica di Antonio Colonna durante gli anni della realizzazione degli affreschi e in seguito della sua famiglia durante il suo pontificato con la proclamazione del controllo militare a vita del Signore di Riofreddo e dei suoi figli sulla cittadina di Calvi dell'Umbria. Gli affreschi commissionati da un nobile così vicino al Pontefice rendono la summa della dottrina cristiana dell'epoca su soggetti tipici della cultura pittorica tra basso medioevo e rinascimento (annunciazione alla Vergine, Cristo Pantocratore, crocifissione, Padri della chiesa ed Evangelisti). Ogni superficie dell'Oratorio voltato a botte è affrescata: questa caratteristica rende il luogo un prezioso scrigno di storia dell'arte certamente da visitare.
- 3 La Madonnella. Conosciuta geograficamente come Monte Pisciato, La Madonnella si erge sul versante nord del territorio di Riofreddo a circa 860 metri sopra il livello del mare; in cima è stata costruita un'edicola religiosa dedicata alla Madonna ed è stata posta una croce ben visibile dal centro abitato, la quale sembra metaforicamente proteggere e vigilare il paese dall'alto. Dal giorno dell'inaugurazione il 12 Agosto 1989, ogni anno il popolo di Riofreddo e chiunque voglia partecipare organizza una tradizionale escursione fino in cima per ricordare ed onorare tanto coloro che hanno contribuito alla realizzazione quanto la continuità di questa tradizione, con il fine di mantenere in vita la memoria locale; solitamente, i più giovani partono il giorno prima della ricorrenza dell'anniversario e passano la notte nel rifugio lì situato, organizzandosi con tende e provviste, mentre il giorno seguente chiunque voglia partecipare si incammina di mattina presto dal paese e raggiunge in tarda mattinata la cima, dove si fa colazione tutti insieme. Nel corso degli anni, questa tradizione è divenuta sempre più importante per il paese e si è radicata nell'immaginario collettivo ed identitario della popolazione di Riofreddo.
- 4 Monte Sant'Elia. Conosciuto dagli abitanti di Riofreddo anche con il nome di Santo Rio, il Monte Sant'Elia raggiunge quasi i 1000 metri di altitudine (991 metri s.l.m.) e si erge rispettivamente sulla vallata del fiume Aniene a sud e in linea d'aria con il Monte Pisciato a nord, dando anche uno sguardo verso Vivaro Romano e parte dell'attuale Piana del Cavaliere; in epoca medievale, le montagne circostanti erano territorio di dominio da parte del Monastero di Subiaco, il quale godeva di vasti possedimenti in tutta la Valle dell'Aniene. Secondo testimonianze d'archivio negli Annali Benedettini di Subiaco, nel momento in cui il loro pacifico dominio fu messo a repentaglio dalle scorribande dei Longobardi l'ordine dei monaci consigliò ai discepoli di fuggire e rifugiarsi tra le montagne delle campagne limitrofe, in modo da poter perpetuare e dare seguito alla loro vocazione religiosa. Fu così che andò per l'abate Elia di Subiaco, unico con questo nome tra i suoi fratelli sublacensi: tra il VII e l'VIII secolo si ritirò sul monte posto tra i paesi di Roviano e Riofreddo e costruì un rifugio dove poter accogliere monaci, viaggiatori e pellegrini, i quali contribuirono a diffondere la conoscenza del romitorio di Sant'Elia; fungendo da spartiacque tra Riofreddo e Roviano, il piccolo chiostro è stato in tempi antichi anche meta di pellegrinaggio delle due popolazioni le quali, per decenni, hanno condiviso lo stesso immaginario religioso.
Eventi e feste
modificaCosa fare
modificaStrade, sentieri naturalistici ed escursioni
Oltre ai già citati luoghi ed attrazioni culturali, il territorio di Riofreddo offre possibilità anche dal punto di vista naturalistico ed ambientale; fin dai tempi antichi, tutti i paesi presenti nella Valle dell'Aniene sono stati collegati da strade, sentieri e tratturi che permettevano la circolazione di genti e merci, favorendo un ambiente pieno di diversificazione sia culturale che sociale, dalla varietà dei lavori fino a quella di persone, rappresentata da coloro appartenenti a diverse classi sociali. Al giorno d'oggi, i sentieri sono ancora presenti e, grazie a progetti organizzati localmente, si cercherà in futuro di riqualificare e tutelare quei percorsi che necessitano manutenzione, in modo da poter creare una rete di sentieristica adatta ed attrezzata per accogliere turisti e viaggiatori. Riguardo Riofreddo, la strada provinciale attraversa trasversalmente il centro del paese e prosegue poi verso Vallinfreda a destra, mentre a sinistra si restringe e divaga verso l'albergo-ristorante-pizzeria Villa Celeste ed il quartiere Le Pantane; verso le estremità di quest'ultimo, la strada si ricongiunge all'antica Via Valeria e si arriva ad un bivio: a destra si raggiunge l'area attrezzata Pratarea, dedicata a chiunque voglia fare campeggio, e proseguendo è possibile raggiungere la località Santa Maria, dove anticamente si avanzava verso i paesi di Roviano e Cineto Romano ma, sfortunatamente, ad oggi il tratto è interrotto dalla vegetazione ed è stato realizzato un sentiero alternativo che porta al paese limitrofo di Roviano, situato a sud rispetto a Riofreddo, in attesa che l'amministrazione e gruppi di volontari potranno in futuro liberare il tratto in questione. Se si prende invece la Via Valeria che prosegue verso sinistra si arriva alla località di Fonte Limosa, dove è possibile rinfrescarsi con l'acqua rigenerante proveniente da una delle sorgenti di Riofreddo. Proseguendo oltre, si incontrano due sentieri che portano rispettivamente alla località Le Pacetta e al Monte Sant'Elia, posto a 991metri s.l.m. Spostandoci sul versante più occidentale, seguendo la strada provinciale verso Vallinfreda, incontriamo a sinistra il sentiero principale che porta alla località Cerreta, comunemente conosciuta dagli abitanti del posto anche con il nome di Carticetta, luogo storico e cruciale per i pastori che portavano a pascolare il loro bestiame in montagna e dove sono stati rinvenuti reperti archeologici alla fine degli anni '80 nella Necropoli di Casal Civitella; qui i percorsi si diramano e, come indicato anche dalla segnaletica sul posto, è possibile dirigersi verso i Lagustellii di Percile e il comune di Cineto Romano, avendo anche la possibilità di ammirare un luogo ameno come Rio Scuro, dove l'omonimo corso d'acqua scorre creando una serie di cascate di media altezza. Proseguendo invece sul versante opposto, pian piano si sale di quota e ci si incammina sul sentiero del Monte Pisciato, in dialetto locale Monte Pischiusu, o ancora meglio conosciuta come La Madonnella, posta a circa 860 metri s.l.m.
Acquisti
modificaCome divertirsi
modificaDove mangiare
modificaDove alloggiare
modificaSicurezza
modificaCome restare in contatto
modificaNei dintorni
modificaAltri progetti
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