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GIACOMO BOVE Giacomo Bove nacque a Maranzana, nel monferrato astigiano, nel 1852. La sua famiglia era formata dai genitori, Francesco Bove e antonia Garbarino, proprietari di vari vigneti e da quattro fratelli: Maria, Isabella, Giuseppe e Rosa, di cui lui era il primogenito. Il suo percorso scolastico ebbe inizio a Maranzana e ad Acqui Terme, frequentò poi il collegio presso Genova, dove decise successivamente di entrare nell'accademia navale. Riuscì a diplomarsi con ottimi voti, tanto che ebbe l’opportunità di partecipare come guardiamarina alla spedizione scientifica in Estremo Oriente della pirocorvetta “Governolo”, comandata da E. Accinni. Durante l’esplorazione Giacomo si occupava della cartografia, mentre i suoi superiori analizzavano gli aspetti morfologici, idrografici e etnografici dell’isola di Borneo. Conclusa la spedizione ritornò nella sua città natale per una vacanza, andò nella base di La Spezia e successivamente venne inviato in arsenale a Napoli. Tra il 1875 e il 1876 vennero rifiutate le sue richieste di partecipazione a due spedizione: quella inglese per l’esplorazione del polo artico e dopo quella nella “Scioa” e infine diventò sottotenente di Vascello. Nell’aprile del 1877 gli venne affidato il compito di studiare le correnti marine nello stretto di Messina sulla nave Washington. Approfondì questa analisi fino a inventare una “scala di marea” per le misurazioni idrografiche e le sue ricerche vennero riportare negli Annali idrologici.

A settembre dello stesso anno venne scelto per partecipare in qualità di idrografo alla spedizione scandinava della nave “Vega” sotto la guida di Adolf Erik Nordenskiöld. Dalla Svezia, attraverso il mare di Siberia, avrebbero dovuto raggiungere l’Oceano Pacifico. Questa spedizione sarebbe stata particolarmente positiva per la scienza e per il commercio; infatti avrebbe portato alla risoluzione del problema di passaggio e comunicazione tra il Nord (Asia e nord Europa) e l’est (il Pacifico). Nel momento in cui ricevette questa notizia egli dovette subito mettersi al lavoro. Fu impegnato in lezioni per accrescere la sua conoscenza dei luoghi che avrebbe dovuto raggiungere, per migliorare l’inglese e il francese ed ovviamente per imparare lo svedese.

La spedizione partì il 24 giugno 1878 da Karlskrona e costeggiò tutta la Norvegia. Il 21 luglio la nave “Vega” lasciò Tromsö, nel mar Glaciale Artico e tra il 30 e il 31 luglio venne raggiunta dai vapori “Lena”, “Express” e “Fraser”. È in queste zone che incontrarono per la prima volta il popolo dei samoiedi. Ripartirono insieme il 1º agosto, per poi raggiungere il Port Dickson; da qui le navi "Fraser" e "Express" il 9 agosto,iniziarono a risalire lo Jenissei, per caricare grano in Siberia e rientrare in Norvegia prima dell'arrivo dell’autunno, mentre il 10 agosto le navi "Vega" e "Lena",si avviarono verso nord-ovest col fine di doppiare il Capo Čeljuskin. Ad un certo punto, mentre esploravano la zona intorno all’arcipelago di Dixon, Bove scoprì un arcipelago nuovo al quale diede il nome di “Vega”. Dal 14 al 18 agosto le due navi si fermarono presso lo stretto di Taimir. Il 17 agosto, vi fecero delle esplorazione e lasciarono, sotto una colonna, una carta scritta, firmata A. E. Nordenskiöld, in svedese, inglese e russo che diceva: “La Spedizione Artica Svedese composta delle due navi "Vega" e "Lena", partita da Porto Dickson il 10 agosto 1878, ha ancorato in questa baia, dalla quale partirà alla volta di Capo Celiuskin non appena le nebbie si siano dissipate. Si prega di mandare la presente lettera a S. M. il Re di Svezia e Norvegia. Da bordo della "Vega" lì 17 agosto 1878” Il 19 agosto raggiungerò il Capo Čeljuskin (la più alta latitudine del continente asiatico: 77º 36' 37" lat. Nord) e furono i primi nella storia a doppiarlo. Ripresero il loro viaggio il 20 agosto, il quale era affaticato dalla nebbia fitta e dai ghiacciai spessi. Il 28 agosto le due navi si separarono; la Lena risaliva il fiume omonimo mente la Vega proseguì verso est trovando difficoltà nella navigazione a causa del ghiaccio sempre più compatto sino a quando il mare gelò totalmente e furono obbligati a fermarsi nella terra dei ciukci, il 29 settembre 1878, a 67º 7' di lat. Nord e a 173º 31' di long. Est. Risultato impossibile superare l’ostacolo dei ghiacci, fu disposto per lo sverno, costruendo con blocchi di ghiaccio un riparo entro il quale gli scienziati, a partire dalla fine di novembre, compirono osservazioni magnetiche, idrografiche, zoologiche, botaniche e meteorologiche, mentre cercavano di mantenere pacifici i rapporti con i Ciukci, per raccogliere notizie sui loro costumi e sulle risorse del territorio. Ancorarono ad un ghiacciane e svernarono presso pitlekai fino al luglio 1879. Ripartirono il 20 luglio, dopo 294 giorni di sosta forzata e finalmente attraversarono lo Stretto di Bering; con le bandiere di gala issate salutarono il passaggio con cinque colpi di cannone. Fecero alcune escursioni in Alaska e all'isola di San Lorenzo poi, il 2 settembre, raggiunsero Yokohama dove ricevettero grandissimi festeggiamenti per la loro impresa. Da lì attraversarono l'oceano Indiano e il canale di Suez per poi arrivare a Napoli nel febbraio de 1880. Percorsero complessivamente 41.094 km.

Nell'aprile 1880 Bove ebbe l’idea di una spedizione italiana nelle regioni antartiche, dovendo stare per un po’ nel Mare Antartico, con due sverni. Ci furono vari comitati (quello principale a Genova), che non riuscirono però a raccogliere la somma necessaria per la spedizione. Il comitato centrale di Genova decise così di promuovere una spedizione più economica, che avrebbe dovuto studiare la parte meridionale della Patagonia, l’Isola degli Stati e la Terra del Fuoco (in modo particolare dal punto di vista economico). Gli accompagnatori: Domenico Lovisato (geologo), Decio Vinciguerra (zoologo), Carlo Spegazzini (botanico), Giovanni Roncagli (idrografo) costituivano la missione scientifica. Partirono da Buenos Aires il 17 dicembre del 1881 insieme a L. Pietrabuena al comando della corvetta Cabo de Hornos ed esplorano tutta la costa argentina, l’Isola degli Stati. Successivamente andarono verso lo stretto di Magellano e poi nel Pacifico. A Punta Arenas, quasi un anno dopo la spedizione salì a bordo della goletta cilena “San José” e si diresse verso Sloggett Bahja dove subì un naufragio. Furono soccorsi e riportati a Buenos Aires. I risultati della spedizione furono notevoli e ottennero grande interesse in seguito alla pubblicazione. Bove non abbandonò completamente l’idea di una spedizione antartica, però in attesa di quest’ultima organizzò altre spedizione sul territorio Argentino delle Missioni. Il 7 novembre 1882 tornò in Italia dove una volta arrivato a Genova fu nominato membro d’onore della Società geografica italiana e ottenne alcuni contratti per una serie di osservazioni meteorologiche con Francesco Denza. Nel 1883 tornò a Buenos Aires insieme a Carlo Bossetti e Adamo Lucchesi e a settembre dello stesso anno intraprese una nuova esplorazione, stavolta del territorio compreso tra l’ Iguassù e la cascata del Guayra, dove cercò di trovare un modo per colonizzare il territorio. All’inizio del 1884 tornò a Buenos Aires e insieme alla moglie Luisa Bruzzone(che ha sposato nel 1881) , Stone e Noguerra fece un’altra spedizione alla Terra del Fuoco. Successivamente andò verso lo stretto di Magellano e a febbraio era già a Punta Arenas e ad Aprile fu già di ritorno nella Terra del Fuoco. Una volta tornato in Italia presentò la sua idea di colonizzare la regione delle Missioni che però non andò in porto. Un anno dopo dalla sua ultima spedizione gli fu affidata un’altra missione, stavolta nel bacino del Congo. Bove doveva risalire il fiume e dare rapporto sulle condizioni in cui si trovavano le regioni vicine. La prima tappa del suo viaggio è il Belgio, poi Liverpool (Gran Bretagna) e da qui direttamente la foce del Congo per poi arrivare fino a Matadi (dove fecero osservazioni geografiche e commerciali). Una volta conclusa la stagione delle piogge si diressero a Léopoldville, per poi raggiungere le cascate di Stanley e infine Bove dovette tornare in Italia lo stesso anno. Nel suo rapporto finale l’esploratore escludeva qualsiasi vantaggio da una colonizzazione del Congo a causa delle difficili condizioni climatiche. Tornando dalla spedizione in Africa gravemente malato, si dimise dall’incarico di ufficiale della marina e venne nominato direttore tecnico della società di navigazione “La Veloce”. Giacomo Bove si suicidò il 9 agosto 1887, a Verona.

Fonti: Wikipedia, Enciclopedia Trecani, www.giacomobove.it.

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